14 marzo 2013

 

I DISCHI CHE MI HANNO CAMBIATO LA VITA - Pt.3




La Toscana e le sue città eterne, i suoi vini inconfondibili, la sua gente sanguigna. 
La Toscana e la musica. No, un attimo. La Toscana e il rock.
Litfiba. Il rock italiano per eccellenza. Quelli che hanno aperto la strada.
Gianna Nannini. La prima vera rocker italiana. 11milioni di copie vendute nel mondo.
Negrita. 20anni di successi.
Come dimenticare i grandissimi Diaframma (ancora in attività), il breve soffio di vita dei Luciferme (splendidi in un Sanremo ormai troppo lontano), le schitarrate dei Malfunk di Marco Cocci o l'ascesa de Il Cile, uno dei volti più interessanti della nuova generazione.
La Toscana e il rock. Dal 2000, ancora di più, la Toscana "è" il rock.
 




                                  SUSSIDIARIO ILLUSTRATO DELLA GIOVINEZZA     
                                                         BAUSTELLE



Era il 2006. Ero in Qatar per lavoro, caldo asfissiante e ritmi indiavolati. 
Indiani, filippini, nepalesi, argentini, inglesi: gente simpatica ma amici pochi. 
Si lavorava tanto e la sera in camera rimanevo a guardare vecchie commedie italiane in salsa di supercazzola e terruncielli o puntate dei Simpson o di Futurama che conoscevo talmente tanto bene da ridere in anticipo. 
Nei ritagli di tempo, vagabondavo per Doha con la musica nelle orecchie. In quel lettore mp3, caricato a bomba prima di volare altrove, c'era anche Sussidiario illustrato della giovinezza. E conobbi quei ragazzi senesi che volevano fare musica che non c'era, che a loro piaceva ma che non trovavano da nessuna parte, che non ascoltavano, che semplicemente in Italia non era mai stata fatta. E loro la fecero.






In origine furono i Subterraneans. Poi arrivò una ventenne dagli occhi magnetici e furono i Baustelle.
Era la fine del secolo, i ragazzi si sbatterono per autoprodursi il loro primo cd. Per vederlo in vendita, dovettero aspettare per un anno, a causa di problemi della casa discografica, un anno lungo una giovinezza.

LE VACANZE DELL'OTTANTATRE è easy listening, un pezzo che ruba subito spazio alla memoria.
Mi trovai a sorriderne quando li sentii cantare di colonie estive, di corriere (invece che di bus o di pullman), di complessi che suonavano, di straniere del mare. Mi immedesimai, io che sono andato, un'esistenza fa, in colonia non molto distante da dove poi sono nate queste canzoni.
Bianconi non parla di vicende personali visto che nel 1983 aveva appena 10anni; se dovessi trovare un riferimento cinematografico (di cui l'album abbonda, per mia gioia), penserei a "Sapore di mare", ai suoi pezzi anni '60, a Jerry Calà e Massimo Ciavarro, a Mauro Di Francesco e a Christian De Sica ma Bianconi (grande amante del cinema d'autore) mi darebbe del bischero, lo so già.

MARTINA ha un cantato basso in cui Bianconi gioca con le parole e gli accenti e non sempre si capisce bene cosa dica. La musica, un pop elettronico, è coinvolgente e gli urlettini di Rachele Bastreghi ci stanno alla perfezione. Testo in puro stile Bianconi, ruvido e con immagini tronche, quasi debbano rimanere sue e soltanto sue.

SADIK, per un fumettaro come il sottoscritto (come mi piacciono queste battute baustelliane idiote...), sarebbe da applausi a prescindere. Non Diabolik, non Kriminal o Satanik, no: Sadik, un antieroe dei fumetti neri italiani minori pubblicato alla fine degli anni '60.
Nonostante il riferimento al fumetto, è canzone che gronda cinematografia. Ci sono inseriti dei dialoghi tratti da "Ecco l'impero dei sensi", film drammatico giapponese del 1976 sovraccarico di erotismo. 
E, nemmeno tanto velata, appare una citazione a "L'uccello dalle piume di cristallo", capolavoro di Dario Argento e uno dei film preferiti di Bianconi.

Curiosità: La serie più lunga del fumetto durò 45numeri e fu pubblicata dalle Edizioni Alhambra di Renato Bianconi... Bianconi.... Coincidenza?

NOI BAMBINE NON ABBIAMO SCELTA inizia in modo quasi angosciante, lento e ammaliante e tale rimane, nonostante il testo cresca veloce, in ambiguità e suggestione:
"Mi telefona promette che mi rapirà mi porterà al cinema
è la mia droga non mi può far male
non abbiamo altro non abbiamo scelta noi bambine"
per poi definire immagini ancora più languide:
"In una vasca d'acqua sporca di motel che male c'è?"
e ancora
"Mi fa morire con le mani buone da trasmettere
"a queste natiche di panna e di caffè che male c'è?"
Un Bianconi a proprio agio: quando parla di giovinezza ed erotismo gigioneggia da par suo.

GOMMA inizia con una convincente Rachele alla voce che gioca a rimpiattino con un Bianconi dal cantato più sommesso, più intimo; poi le voci si intrecciano nel ritornello, perfetto come un congegno ad orologeria.
Nuovi ricordi adolescenziali, nuove immagini nitide di pacchetti di sigarette polverizzati nell'attesa, di droghe, di erezioni debordanti, di voglie ormonali da fare impazzire e di giornali pornografici da scambiare (il mitico "Le ore", compagno di svariate generazioni maschili).
Squisito Bianconi quando dice "Tremavo un pò di doglie blu", identificando il dolore estremo delle doglie col colore blu, come in alcune correnti pittoriche.
Pop-rock godibilissimo, uno degli episodi più riusciti dell'album a mio avviso. 



LA CANZONE DEL PARCO è una canzone viscida. Si, viscida. E' un serpente in attesa, pronto a morderti, e quando lo fa ti senti meglio e lui si trasforma in farfalla, dalle ali talmente colorate da toglierti il fiato.
Su una base semplice ma ipnotica, Rachele canta da par suo un Bianconi romantico (non a Milano), dai sapori adolescenziali, in stato di grazia.
"Lui e lei ridono - umidi baciano - parole lievi - leggere le piume
se lui e lei fragili - indecisioni - al solito posto - la solita ora
se lei e lui sabato - dopo la scuola - lo fanno sul serio - la colomba vola"
Cosa puoi aggiungere ad un testo del genere? Bisogna fare silenzio e continuare ad ascoltare.
"Se lui e lei timidi - umidi scrivono - platani con incizione di cuori
sinceri - se dicono 'ti voglio bene' il parco sorride..."
Silenzio. Ascolta il parco ora.
"A che cosa servono i miei rami stupidi, a che cosa servono
se mi lascio prendere da pensieri inutili, posso solo esistere in eterno vivere
senza avere gli attimi degli amanti giovani, degli amori giovani..."
Schhhh. Silenzio. E brividi.
Ascoltatela. Una volta. Poi due. Ancora una volta, per favore. Il serpente si avvicinerà e vi farà sentire i suoi denti ma non vi farà male, no.

LA CANZONE DEL RIFORMATORIO è una di quelle canzoni che, volente o nolente, non la dimentichi. Bianconi inizia sussurrando, sembrerebbe quasi dolce se non parlasse di coltelli, di sballate con alcolici andati a male, di benzedrina per stare su.
L'autore si diverte ad abbinare un testo "maledetto" ad una musica briosa e solare.
La povera Virginia, le sue grida e le sue cosce bianche, sono uno dei tanti personaggi, dei tanti giovani che colorano questo album, spesso con le tinte scure di storie malate ma vicine ad una generazione tarlata da incomunicabilità, stupefacenti e attimi di gloria sciagurata.
La stessa gloria che bacia questo pezzo, uno dei migliori della loro intera carriera.



CINECITTA' è uno di quei pezzi che mi fecero subito capire che i Baustelle sarebbero stati altra roba, un mondo a parte. E' una sceneggiatura in musica: l'esaminatrice cinematografica provina Francesco, il timido attore perfetto per il ruolo dell'amante.
Si sfocia nell'approccio sessuale della donna (in uno strano gioco delle parti considerando che è l'uomo in genere a fare avances di tal tipo) e in un amplesso appena abbozzato di grande atmosfera.
Fuoriesce nuovamente l'amore di Bianconi per il cinema: c'è Fellini e "La dolce vita", Pietrangeli, c'è "La vita agra" e c'è Morricone, in questo pezzo solo citato (ne "I mistici dell'Occidente" l'omaggio sarà musicale).
Un episodio un pò bohemienne ma certamente apprezzabile. 

Curiosità: la voce femminile non è di Rachele Bastreghi ma di Camilla Filippi, attrice famosa per aver lavorato, tra gli altri, in "La meglio gioventù" e "Viva l'Italia".

IO E TE NELL'APPARTAMENTO  e IL MUSICHIERE 999 arrivano che l'album ha già dato il meglio di sè. La prima raggiunge una sufficienza grazie al consueto carico di morbosità mentre la seconda ha un testo trascurabile adagiata su una musica non memorabile. Un peccato di giovinezza (illustrata), perdonabile.

I Baustelle ne hanno fatta di strada eppure questo album dai sapori vagamente naif resta diverso, acerbo ma spontaneo al punto da restarti ancorato addosso come la ragazzina che, maliziosa, ti sorrideva a 17anni.
Nel 2010, la Warner ha ristampato l'album e ne ha fatto un raffinato cofanetto in tiratura limitata. Costava tanto e il packaging non mi stuzzicò particolarmente eppure ancora oggi penso di aver fatto una grossa cazzata a non comprarlo.
Si Francesco, sono un bischero, hai ragione.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grande Vanz! (Patavino)

Antonello Vanzelli ha detto...

Ohhhh mitico Carlo, grazie di essere passato e grazie del bel commento! Mi fa troppo piacere! Ah, buon concerto stasera :-)