18 marzo 2013

IL DESTINO E' UNA NOSTRA BUGIA





L'Italia. Il Brasile. La Spagna. Il sole, il mare, il calore della gente. Potrei andare avanti per stereotipi ma no, non è questo che le accomuna, non qui almeno, non adesso.
Le accomuna un viaggio: luoghi e ritmi che ti porti dietro come ombre di luce e gente incontrata per caso, con sguardi e sorrisi che ti restano addosso, questi non per caso.
Il viaggio è iniziato nel 2004 con un mini-tour in Sudamerica, nato in collaborazione con gli istituti italiani di cultura sparsi in quei luoghi. E' lì che nascono i primi pezzi, a Salvador de Bahia. Le altre canzoni rotoleranno tra Arezzo e Motril e Figueres in Spagna.
Il sole, il mare, il calore della gente? No, musica. Musica che scuote.


                                      L'UOMO SOGNA DI VOLARE - NEGRITA

Nel 2001 c'era stato "Radio Zombie": accantonata l'elettronica, segnò un ritorno al rock. Era un album di passaggio, dalla gestazione non semplice a causa dell'enorme successo di "Reset".
Testi e arrangiamenti molto curati non bastarono a bissare appieno quel successo.
Dopo una raccolta ed un passaggio dimenticabile a Sanremo (compensato dall'appeal della successiva "Magnolia", uno dei loro singoli più famosi), i Negrita guardarono oltre ed altrove, lanciando nei negozi "L'uomo sogna di volare" all'inizio del 2005.
La prima foto del libretto mostra un Pau assorto, che guarda fuori da una finestra con una penna nella mano destra e una sigaretta consumata nella sinistra. Non sogna. Sembra la finestra di un treno in viaggio e fuori il mondo scorre. In viaggio, stavolta, c'erano loro. E in questo disco si sente.


SALE è la prima traccia dell'album e fu il primo singolo (anche se il gruppo lo considera un "ghost single"): il cambiamento è palpabile.
Le percussioni brasiliane di Peu Meurray e di Boghan Costa e un bel riff accompagnano, con parole vomitate fuori con vigore, sino alla prima sorpresa dell'album: il rap di Gabriel o Pensador, acido, politico sino al midollo.
"Nessuno mi comanda nes me pode comandar, neanche con le bombe e le sue false verità.
Falsas verdades, mentira, bugia globalizante, hipocrisia è a filosofia dominante."
Si mantiene sul generico. Poi comincia a delineare i contorni.
"El mondo intero paga con terror sin criterio los errores de los senores de los imperios..."
Cresce sino ad esplodere, cattivo.
"Should it throwned in a different throne! 
Electric chair, throw the motherfuckers there and turn it on"
Dovrebbero sedere su un trono diverso. Sedia elettrica, getta lì il figlio di puttana ed accendila.
Infine conclude l'invettiva senza giri di parole, facendo nomi o usando epiteti comunque chiarissimi:
"Congratulations to the Kings of Nowhere:
Mr. W. Bullshit and his loyal Clowny Blair.
All dis-honour to be shared with Sharon, we don't neet another Hitler."
Uno sputo di acido in faccia, brucia e continua a corrodere. Non c'è che dire, un inizio cazzuto, non trovo altre parole. 

L'UOMO SOGNA DI VOLARE: ci sono alcuni artisti che nella tracklist inseriscono il pezzo che considerano migliore (o più rappresentativo) come seconda traccia. Se poi questa traccia dà anche il titolo al lavoro, i dubbi si diradano.
Per quanto vale, credo sia stata la scelta giusta. Il testo è di grande levatura, fuori da ogni retorica spicciola.
"E scrive sui muri: noi siamo tutti uguali
ma prega nel buio la sorte del più debole...Non tocchi mai a me..."
Applausi.
"Ma tutto quello che può dire veramente un uomo è...
Non fate come me, non fate come me!"
Applausi ancora più convinti. Meritati.
La canzone fu scelta come quarto singolo (tardivo, vista la sua caratura) ed ebbe ottimo riscontro, anche grazie ad un video tanto semplice quanto riuscito, girato sulla spiaggia di Rosignano Solvay, in provincia di Livorno.

MOTHER è reggaeggiante, ulteriore passo verso una strada differente.
Canzone piacevole, dal ritornello godibilissimo e subito canticchiabile. I Negrita sono maestri nei ritornelli, poco da fare.
"L'universo è ancora vergine per me
e scintillante, vivo per rinascere,
scenda il sole tra gli stolti e tra chi mente
e che sia la luce...Dove è buio sempre!"
E se i ritornelli sono scritti anche bene come questo, certo non guasta.

Con GRETA, secondo singolo estratto, torniamo in territori già battuti dal combo toscano.
La scelta di lanciarlo come singolo è stata quasi "di sicurezza", come a portare i propri fan per mano lungo il loro rinnovamento. La svolta appare nitida nel finale, trascinante, coi suoi tamburi e le sue rullate pauliste.
Ritmo più veloce, piacevole sin dal primo ascolto, rappresenta uno degli episodi più riusciti. 
La prima volta pensai a quanto fosse curioso che, in un album dalle forti tonalità latine, apparisse Londra, i suoi grigi e la sua Liverpool station. Il testo, tuttavia, fa riferimento ad una donna realmente conosciuta da Pau: problemi personali e tossicodipendenza se la sono portata via.
I grigi di Londra diventano il colore più adatto, un colore sporcato di malinconia.

DESTINATI A PERDERSI è stato un buon singolo, a ruota di Greta, una delle tracce più pop, ma il livello, discreto a livello musicale, cala notevolmente riguardo la parte letteraria.
"Hello hello parliamo un pò
avrei da dirti ma non so.
Argomentando di fatti miei
ti sto parlando e non ci sei."
Non ci si è sforzati molto. I ragazzi sono bravi ma non sempre si applicano.
"Destinati a perdersi in spazi troppo piccoli
in pezzi che non puoi riappiccicare.
E ritrovarsi stupidi, spenti e poco utili,
trascinandosi le gambe tremano."
Si sarebbe potuto far di meglio, mettiamola così.

ROTOLANDO VERSO SUD è la canzone pop perfetta. E' un singolo spacca-radio che si basa su un arrangiamento latineggiante e su una melodia accattivante, che riesce a farti muovere a ritmo grazie a sapori alla Manu Chao e alla Roy Paci.
I ragazzi citano le tappe del loro vagabondare ("Rio, Santiago, Lima & Holguin, Buenos Aires, Napoli") e fanno centro, vincendo anche il premio "Miglior Videoclip italiano" del 2005, grazie ad un video girato nei luoghi dov'è nato l'album.
La canzone è stata anche il singolo di lancio per l'estero nella sua versione spagnola. 

IL MIO VELENO rivela la vecchia anima dei Negrita.
Il testo è incazzato ("Mantenere la calma non fa parte del ruolo che ho") e la musica, in un muro di distorsioni, lo asseconda, grintosa e ruvida. Un pezzo finalmente selvatico e più scanzonato, che non stona affatto.

TUTTO BENE è una ballata acustica molto intima, dai vaghi sapori beatlesiani; Pau lascia il microfono alla voce di Drigo, il chitarrista della band, che dipinge immagini di un rapporto logoro.
Non c'è Sudamerica qui, non ci sono percussioni o sapori strani, solo una canzone delicata e riuscita, ideale per chi ha il cuore infranto.

Con ALZATI TERESA si passa a sonorità nuovamente rock, coinvolgente nella struttura musicale, nei cori e nelle parole. La strofa è vibrante, sanguigna e ben costruita mentre la parte più confidenziale del testo è adagiata su un tappeto musicale soffuso:
"Sogna Teresa, non piangere, hai una bambina da crescere.
Il destino è una nostra bugia e niente è come la forza dentro di te!"
Ennesimo episodio di ottimo livello.

IL BRANCO chiude l'album nella maniera migliore: un pezzo folk semplice ma non banale, con parole che strisciano addosso, graffiandoti senza che tu te ne accorga:
"La violenza funziona, la rabbia funziona,
il panico rende, il popolo spende,
beatificando crimini ed economie.
Lode al branco omologato e atrocemente consapevole."
No, forse ti graffia e te ne accorgi pure ma non fai nulla per evitarlo.
Fai parte del branco, fai parte del gregge di pecore che si sente alla fine dell'album.


L'uomo sogna di volare è un album vero, crudo e vissuto sulla pelle, pieno di panorami e di donne che riesci a sfiorare: c'è Greta che ha smesso di lottare e, finalmente serena, viaggia anche lei; c'è Anna con cui fare finta un'ultima volta che vada "Tutto bene"; c'è Teresa che nasconde più forza che lacrime. 
Amare i Negrita non è facile. In loro convivono, non sempre armoniosamente, due facce di una stessa medaglia: sono equilibristi su un filo sospeso nel vuoto, con la tramontana grintosa del rock che soffia da un lato e il maestrale del pop dall'altro.
Non è facile amarli ma in questo album hanno trovato un equilibrio sottile che tiene, reggendo agli ascolti e convincendo nella sostanza. Un vecchio amico anni fa definì quest'alchimia come "meticciato" e la parola continua a sembrarmi appropriata.
Partire è un pò morire... Non sempre, per i Negrita partire ha significato rinascere e trovare nuovi strepitosi stimoli. E con questo album siamo partiti con loro verso il sud del mondo, sognando di volare e riuscendoci.

  

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