22 aprile 2013

QUANDO NELLA MIA CAMERETTA SCOPPIO' LA GUERRA





"War parla della guerra tra la gente: amanti, cattolici, protestanti, politici. Parla della lotta personale, del conflitto psicologico nella conquista di sè. E' una guerra vista a livello emotivo."
BonoVox - U2

                       WAR - U2  di A. Rosiello - A. Chimenti


Era il 1983, avevo 2anni e non potevo sapere, non avrei potuto capire. Verso la fine degli anni '90 iniziarono a brulicare i lettori cd e, a un mio compleanno adolescenziale, ne ricevetti uno in regalo: nero, imperiale, della Philips, era "il mio tesoro".
La mensola di mio zio fu testimone di un furto - zio, per uso capione quel disco ormai appartiene al sottoscritto, scusami - e tra le mani ebbi qualcosa che mi fece sussultare. Mi colpì il nome ma in particolare la cover: era "War" degli U2, una delle copertine più d'impatto della storia del rock, con quelle sopracciglia corrugate di chi sta per tirarti un calcio negli stinchi: e quando lo ascoltai, i calci belli diretti non mancarono.
Nella mia cameretta scoppiò la guerra! Dapprima sparato al massimo nelle cuffie, poi diffuso come incensi di grinta da un mini set di casse da computer (con equalizzatore), tra le urla disperatamente inutili di mia madre.
Questo disco ha travolto la mia vita, elettrizzando i miei anni giovanili e quelli che ne sarebbero seguiti. Ha smosso una valanga di sentimenti ribelli che scendono a valle ancora oggi.

War è il disco che chiude un primo ciclo nella lunga storia di Bono Vox e compagni e lo fa alla grande. Per certi versi risulta attuale ancora oggi, con i suoi testi infuocati e la sua freschezza giovanile. Era la fiamma di un gruppo destinato a dettare legge per oltre un ventennio nel panorama musicale.
Prodotto dal primordiale Steve Lillywhite, è un lavoro privo di fronzoli, dal quale traspare l'urgenza di comunicare la propria realtà, quella irlandese, e i marcati contrasti politico-religiosi di una terra macchiata, o meglio insanguinata, dalla violenza.
La tracklist è un susseguirsi di fuochi d'artificio. Mi riferisco in particolare alle prime cinque tracce, o come si diceva allora, alla facciata A del vinile.
La secca bordata di batteria di Larry Mullen Jr, con l'entrata di chitarra di The Edge in "Sunday Bloody Sunday", e sono già squarci di luce. Il resto spetta al violino di Steve Wickham e alla potenza di Paul "Bono" Hewson, che vomita uno dei suoi testi migliori.
Già i primi trenta secondi sono lame: "I can' believe the news today", rabbia allo stato puro ma con un messaggio sociale ben definito: "Noi reagiamo a questo stato di cose, anche alla violenza!"
"Seconds"è una perla, una denuncia contro il profilarsi di una nuova minaccia atomica, cantata da The Edge come prima voce (come succede anche in "Van Diemen's Land" e "Numb"). Bono si defila, arricchendo il tutto ai cori, mentre l'insolito bridge da marcia militare e il clamoroso giro di basso suggellano l'opera: "Yes, they are doing the atomic bomb... Take a second and say goodbye...", si spera di non doverlo mai dire quel goodbye, ma intanto io vi dico grazie.


"Quando produco un disco, vedo le canzoni come persone e le tratto tutte allo stesso modo. Alla fine del lavoro, vedo le canzoni come ad una corsa di cavalli. Quando finisci, tutti i cavalli sono allineati insieme sulla linea di partenza e nessuno di loro per noi è più importante ma, naturalmente, quando la gara inizia, alcuni cavalli vanno davanti e "New Year's day" e "Sunday bloody Sunday" si staccarono e divennero quasi canzoni di famiglia. Già allora ricordo di aver pensato che "Sunday bloody Sunday" era grande. Edge aveva passato tutta l'estate a lavorarci mentre eravamo tutti in vacanza. Ma "New Year's day"? E' stata una di quelle canzoni che ho pensato: "Dio, io amo questa canzone!"
Steve Lillywhite - U2PLACE.COM (2013)


Non sei il solo Steve, non sei il solo. Ricordo che ascoltavo "New Year's day" in modo ininterrotto, aspettando con un mezzo sorriso che mia madre spuntasse dalla porta urlandomi contro di tutto.
The Edge mette la sua ineguagliabile firma, alternandosi tra piano e strie furiose di chitarre e un solo dei suoi: applausi.
La strofa è tagliata per la radiodiffusione, con Bono che canta "And so we're told this is the golden age, and gold is the reason for the wars we wage... Nothing change on new year's day".
"Like a song", quarta traccia, denota la loro indole "punkettara" di quel periodo. Spicca la batteria, da tendiniti multiple, e le urla ruvide di un Bono al top. Un bel pezzo, che ho facilmente amato per la mia antica passione per la batteria.
"Drowning man" mi ha regalato brividi sin dal primo ascolto: l'intro sembra provenire da un altro mondo e la voce di Bono è chiara, ipnotica, con un che di etereo. Aggiungerei due parole sulla perfetta ritmica e sull'ennesima prova impeccabile di The Edge.
Secondo il parere di molti, War è contraddistinto da una necessità estrema di comunicare rabbia e frustrazioni e paga la forse eccessiva fretta nel comporlo: nonostante ciò, reputo "Drowning man" una delle migliori prestazioni in studio della band irlandese.
A causa dell'intensità raggiunta nei primi cinque brani, inevitabilmente a mio parere la seconda parte del disco scende lievemente di tono, nonostante siano presenti brani di buona fattura come "The refugee", "Two Hearts Beat as one" e "Surrender".
Il brano che ritendo meno riuscito è "Red light", che sembra avere l'aspetto di qualcosa di incompiuto: forse è rimasta ancorata alle tematiche adolescenziali dei lavori precedenti e comunque inserita nel mixaggio finale.
Bono e The Edge - Caricatura di A. Chimenti
Non si può non dare spazio, invece, alla magistrale chiusura di "40", con The Edge che, improvvisatosi bassista a causa dell'assenza dallo studio di Adam (Pub's tour? Probably yes...), crea un giro di basso melodico e quasi trascendentale, perfettamente adatto alla semplice linea di chitarra già registrata. Da tutti eletta come uno dei loro capolavori, è stata lo storico brano di chiusura di tutti i live nel loro primo decennio.

War ha rappresentato la scintilla che ha acceso la mia intima e viscerale passione per gli U2. Nella loro guerra e nella mia, ho trascinato poi i miei due fratelli, la mia ragazza e qualsiasi essere vivente intorno a me.
Quest'onda anomala mi ha portato a partecipare a ben quattro live dal 2001 in poi, nonostante le mutazioni anche spiazzanti che la band ha attraversato.
L'inizio delle collaborazioni con Brian Eno e Daniel Lanois, con "Unforgettable fire", "Joshua Tree" e la svolta di "Acthung Baby", cosi come i cambiamenti politici nelle loro terre, hanno mutato - e mai placato secondo me - la loro spinta comunicativa, che non sempre ha accontentato i cosiddetti puristi. Ma non importa.
La cosa che ritengo davvero importante è il fatto che gli U2 rappresentano uno degli ultimi esemplari di rock band in grado di far muovere un gran numero di persone, di schiodare gente dal torpore digitale di questi tempi e questo senza "guerra", ma solo con la voglia di pace, amore e rock.






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