10 maggio 2013

LA COLONNA SONORA DELLA NOSTRA INFANZIA







Quando penso alla casa in campagna dove vivevano i nonni, mi vengono i lucciconi. E' stato il luogo della mia infanzia e dei miei ricordi più intensi. Ogni domenica andavamo da loro; ogni estate ero lì.
Ricordo le infinite partite a pallone due contro due, con i miei cugini Nico ed Emanuele e la buonanima del mio pro-cugino Pasquale, uno con cui la vita è stata fin troppo stronza. Pasquale era un tornado di allegria e ricordo ancora le sue scarpe che volavano via quando tirava: una volta il suo mocassino 45 (perchè lui giocava coi mocassini) lo presi al volo, prima che mi colpisse dove fa più male.
Ricordo la radiolina che ci faceva saltare sulla sedia durante "Tutto il calcio minuto per minuto", con Sandro Ciotti e Enrico Ameri.
Ricordo Paolo Valenti e le prime immagini dei gol a Novantesimo minuto, altro che Sky e Premium.
Ricordo le sfibranti partite a poker o a 7 e mezzo durante le feste natalizie oppure la Tombolata coi parenti, con la Tombola che valeva 1.200 lire. E quanto bramavamo per vincerle, significavano figurine, Grandi Classici Disney o nuovi Super Santos..........


                       LE SIGLE PIU' BELLE DEI CARTONI ANIMATI - Pt. 2

.......... E poi le corse in bici, il tennis con la rete formata dalle cassette dei pomodori, il canestro sgangherato e i palloni che finivano tra le felci e le ortiche, facendoci bestemmiare pure i Re Magi per ritrovarli. Per non parlare di quando i nostri piedi a banana li facevano finire sulle rose di nonna: lei ci gridava contro, noi nemmeno le davamo retta, già frustrati dal pallone sgonfio per il foro lasciato dalle spine. Cercavamo di tamponare con lo scotch o la colla, cose tristissime e prive di dignità, tutto pur di continuare a giocare.
La casa dei nonni era in the middle of nowhere, nelle campagne tra Taranto e Martina Franca. La cosa che mi regalava più liberta era guidare il trattore all'alba, con l'aria fresca in viso e i cani che trotterellavano dietro, allegri come sempre, allegri come me. C'era un bastardino e un pastore maremmano che pareva il cagnolone di Belle e Sebastien. Sembrava un'altra dimensione, tra il west di Sergio Leone e le atmosfere dei cartoni animati.
Quando mio nonno si è trasferito al mio paese vendendo la masseria, non ho pianto, no. Si è solo spento il bimbo che era in me. Ogni tanto esce ancora, sorride, grida, lo sento, ma non è la stessa cosa.

Ho sempre amato il west, mio nonno leggeva Grand Hotel e Tex Willer. No, i fotoromanzi li lasciavo a mia nonna e a mia madre, io leggevo di Tex e Kit, di indiani e di praterie, di scontri a fuoco e di deserti assolati. E' venuto naturale perdersi nelle storie di "Sam, il ragazzo del west", cartone animato che narrava le vicissitudini del giovane Sam che, tra i pericoli del vecchio west, vaga alla ricerca di suo padre.
I cinquantadue episodi fecero il proprio debutto in televisione nel 1982 su Rete4 e replicate svariate volte sulle reti private durante gli anni.
Una delle cose che mi colpì subito fu la sigla, che era molto diversa dalla maggior parte delle altre e priva di facilonerie.
Negli anni, la curiosità mi ha fatto scoprire che alle spalle c'era un cantante vero, Nico Fidenco. Si, leggevo chi la cantava, appariva durante i titoli, ma io ignoravo chi fosse in realtà: quando ho capito, sono trasalito. Nico Fidenco ha cantato "Moon river" da "Colazione da Tiffany" (stica!) per dirne una, firmando poi successi per film di Paul Newman o Claudia Cardinale.
I più grandicelli si ricorderanno anche dei suoi successi degli anni '60. Penso a "Con te sulla spiaggia" o "Legata ad un granello di sabbia", che ricordo con affetto perchè presenti nelle compilation che uscivano con Gente o con Gioia quando ero piccolo. 
Con grande dignità, si dedicò anche a cose, tra parentesi, meno importanti, come colonne sonore di film erotici (la serie "Emmanuelle", "La pretora") e anche alle sigle di cartoni animati, mai vergognandosene, mai nascondendosi come hanno fatto altri.
E io nemmeno mi vergogno a dire che la sigla di "Sam" ce l'ho su svariati cd di mp3 in auto e ogni volta che l'ascolto mi tornano in mente i campi di grano di mio nonno, il trattore, i grilli e i cani che mi scodinzolano intorno. E il bimbo che è in me canta a squarciagola.

Uno dei fumettari che ho amato di più nei miei anni da nerd (che continuano tuttora...) è stato Tsukasa Hojo, il creatore di City Hunter.  Quanto era divertente l'epopea del sicario barra guardia del corpo barra investigatore Ryo Saeba e della sua gelosissima spalla Kaori Makimura?
Nella mia collezione, ci sono tutti i manga della collezione di City Hunter, ben più divertenti della versione portata poi in tv con una canzone piuttosto modesta.
Hojo però è anche l'autore dell'ancor più fortunato Cat's Eye, ovvero "Occhi di Gatto". La serie narra la storia di tre sorelle che alla luce del sole gestiscono un bar e che nelle ombre del buio portano avanti la loro attività illegale di ladre. Il loro scopo tuttavia è nobile: rubano solo i quadri del loro amato padre, sottratti tanti anni prima dai nazisti. I punti di forza dell'Anime sono nelle trame divertenti, nella bellezza delle protagoniste, nella malizia di cui sono incipriate le avventure e nei siparietti con il detective che cura le indagini, imbranato e fidanzato di una delle ladre senza neppure realizzarlo.
La sigla fu cantata da Cristina D'avena e negli anni è rimasta una delle più amate dai giovani. La stessa Cristina ha ammesso trattarsi di una di quelle più richieste durante i concerti.
Ho incrociato Cristina durante un concerto in un centro commerciale in Lombardia, credo fosse il Globo di Busnago. I bimbi erano in visibilio e lei cantava tutte sigle moderne che io neppure conoscevo. Non ho avuto la faccia di gridargli di cantare Occhi di gatto. Un uomo di 1.96cm? Cazzarola, si sarebbe girato tutto il centro commerciale, per carità.

Cristina D'avena ha poi cantato anche una delle tante sigle che hanno accompagnato negli anni le fortune di "Lady Oscar", ma la versione più bella, quella a cui tutti sono legati è sicuramente quella dei Cavalieri del Re. Si, sempre loro, erano dei maestri, poco da fare.
Ecco, Lady Oscar è uno di quei cartoni che non ho mai particolarmente amato, se dovessi narrarvi della storia riuscirei a dirvi solo che era una spadaccina, ecco, fatevi bastare questo. Però la sigla non me la perdevo mai, poi magari cambiavo e vedevo le televendite di Massaggiaglutei su ReteCapri, ma la canzone era un must. E infatti raggiunse il settimo posto nella Hit Parade, una cosa spettacolare.
Negli anni, con le nuove puntate, la sigla originale venne soppiantata ma nessuna riuscì ad intaccare la versione dei Cavalieri del Re che alla fine fu ripristinata, per la gioia dei più.

Nella prima puntata, ho scritto della evidente somiglianza tra la sigla di Sailor Moon con "La isla Bonita" di Madonna. Evidentemente il team di Cristina D'avena non era particolarmente ispirato in quegli anni, o forse si, ispirato da altri. Infatti (come ben spiegato in questo video di youtube di CiskyFCC) anche "Sailor Moon e il mistero dei Sogni" è scopiazzata dalla celebre "I maschi" di Gianna Nannini. E come se non bastasse, "Petali di stelle per Sailor Moon" sembra la cover di "Le ragazze serie", successo di Marco Masini. In genere per fare una prova bastano due indizi, qui siamo già oltre... Ecco, questi sono i casi in cui il bambino che è ancora in me si incazza un pochino.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Non ho visto Lady Oscar in TV per ragioni anagrafiche (più grande, o almeno allora mi sentivo tale!), ma la sigla mi è sempre piaciuta, tanto che scovato lo spartito mi divertivo a suonarla col pianoforte.

Henricus