22 luglio 2013

COSE DELL'ALTRO MONDO




Non sono mai stato un fan sfegatato del genere fantascientifico. Fra i telefilm in rotazione negli anni '80, di sicuro le saghe di Star Trek o dei Visitors non mi entusiasmavano più di tanto.
Preferivo quella piccola peste di Arnold, la robotica SuperVicky oppure Genitori in Blue Jeans. Erano storie più vicine alla mia realtà di bambino e riempivano di sorrisi e buonumore i risvegli mattutini d'estate e i pomeriggi d'inverno dopo i cartoni animati. In più i protagonisti erano davvero miei coetanei e vivevano piccole semplici avventure giornaliere in cui mi potevo identificare.
Del mondo fantascientifico, però, c'è una cosa che mi ha sempre affascinato ovvero la capacità di far viaggiare la mente, stimolare fantasia ed immaginazione, solleticare l'idea dell'esistenza di mondi lontani e realtà sconfinate. Come potrebbe essere la vita su Marte, su Venere o sulla Luna? Ce la farebbe il genere umano a sopravvivere anche lì? Nei miei deliri alcolici ogni tanto me lo chiedo. Così come a volte mi capita di pensare al giorno in cui l'uomo riuscirà (finalmente... chi lo sa...) a colonizzare questi mondi lontani, magari dopo battaglie intergalattiche vinte grazie ad uno Ziggy Stardust caduto sulla Terra.

        QUANDO LE STELLE GUARDANO ALLE STELLE di Angelo Lo Bianco

Di film su questo genere si è perso il conto, registi e produttori continuano a scatenarsi fra effetti speciali, robot, cyborg terminatori e mostri dagli improbabili poteri soprannaturali. Per fortuna non c'è stata solo Hollywood a sviscerare il tema; anche la musica ha omaggiato lo sci-fi, o semplicemente l'ha utilizzata come mezzo per trasmettere specifici messaggi.
Tanti sono i musicisti e i cantanti che hanno regalato emozioni spaziali, ispirati da pianeti rossi, lune, navicelle spaziali e galassie lontane. Mondi distanti visti come un rifugio, inni alla solitudine oppure semplice fantasia di artisti dall'immaginazione sconfinata.

David Bowie, uno degli artisti più camaleontici ed eclettici di sempre, ha creato un personaggio venuto dallo spazio, realizzando un album letteralmente spaziale.
"The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars" è un'avventura oltre confine. Il titolo è evocativo della parabola ascendente e discendente - fino alla distruzione - di Ziggy Polveredistelle e dei suoi ragni venuti da Marte.
E' una riuscita metafora del divo, dell'artista in ascesa verso il successo e poi schiacciato dallo stesso star-system che lo circonda. Non è un caso che l'album si chiuda con "Rock and Roll Suicide".
La ballata forse più conosciuta e significativa dell'album (per non dire di tutta la sua carriera) è "Starman": è lui l'uomo delle stelle caduto tra noi. Deliziosa.
Già alcuni anni prima - nel 1969 con "Space Oddity" e nel 1971 con "Life on Mars", due pezzi straordinari - il Duca Bianco aveva approcciato il tema, stupendo tutti naturalmente.
In "Space Oddity" - apertamente ispirata dal film "2001 - Odissea nello spazio" di Stanley Kubrik - Bowie immagina l'astronauta Major Tom che cerca di mettersi in contatto con la torre di controllo.
In Italia il pezzo ha conosciuto notorietà anche grazie ad una versione scritta da Mogol ed intitolata "Ragazzo solo, ragazza sola", e ai Giganti che presentarono una discreta versione tradotta, parlo di "Corri uomo corri".
In "Life on Mars" vi è la suggestione per lo spazio aperto, per ciò che è lontano e diverso. E' la storia di di una donna sola, dai capelli grigi, che va al cinema: stanno proiettando un film in cui si parla della vita su Marte. E' un film specchio della sua esistenza, della sua futilità e della voglia di cercare qualcosa di superiore.

Rimanendo sempre in Inghilterra e negli stessi, Elton John, un'altra mente musicale illuminata, ha dedicato al mondo fantascientifico uno dei suoi maggiori successi: "Rocket Man (I think it's going to be a long, long time)".
In realtà il pezzo fu scritto da Bernie Taupin, braccio destro dell'artista nella scrittura. Narra di un astronauta che sta lasciando la famiglia per partire per Marte. E proprio Marte viene descritto come un posto inadatto a crescere i figli, sebbene la nostalgia di casa si faccia prepotente ("I miss the Earth so much, I miss my wife").
Forse una metafora sull'uso e abuso delle droghe e la voglia di tornare "sulla Terra" o più semplicemente un omaggio alle numerose missioni spaziali Apollo di quegli anni.
Certo è che la canzone suscitò un'incazzatura proprio in David Bowie che, ironicamente, durante una trasmissione della BBC, si definì "just a rocket man", riconoscendo nel brano di Elton John troppe similitudini con la sua "Space Oddity":
Effettivamente i due pezzi sono affini nel contenuto ma la melodia è completamente differente. Meno elaborata (ma non per questo peggiore) quella del Duca Bianco; più elegante quella dello stravagante Elton John.

Un razzo impazzito diretto verso Marte, un satellite fuori controllo: questo è l'inno supersonico dei Queen in "Don't stop me now". E' un chiaro inno al divertimento sfrenato ed assoluto, l'esortazione di una vita vissuta e da vivere al massimo, sempre sulla cresta dell'onda e spinti dalla voglia di non fermarsi mai.

Lou Reed, nella ballata glam "Satellite of Love", narra di un uomo che molto più semplicemente osserva il lancio di un satellite in partenza verso Marte. Tratta storie di gelosia, di un satellite dell'amore, la peggior gelosia che possa esserci e quest'uomo preferisce guardarla in tv. Ancora una volta David Bowie ci mise del suo, producendo l'intero album "Transformer" e intonando le note più alte del pezzo.

Vogliamo parlare poi della scarica rock di "Space Truckin'" dei Deep Purple? Se ne vanno su una navicella spaziale da Venere a Marte, rockeggiando sulla Via Lattea e portando la musica in tutto il sistema solare. Si tratta di una vera bomba rock, in cui il chitarrista Ritchie Blackmore spara un potente riff ispirato dal tema del telefilm di Batman.
Sempre in Inghilterra e sempre all'inizio degli anni '70, menzionerei, per chiudere il cerchio, i T-Rex con la loro "Ballrooms of Mars" e il più contenuto Donovan con "Cosmic Wheels". Certamente pezzi minori, più sobri rispetto ai precedenti, ma certamente dignitosi.

E da noi invece? Se ne potrebbero nominare parecchi di artisti che hanno cantato di lune, pianeti e costellazioni lontane. Voglio però allontanarmi dal mio amato rock e citare un maestro assoluto: Ennio Morricone. La colonna sonora di "Mission to Mars", film di Brian De Palma, porta la sua firma ed è soltanto un'ulteriore conferma della sua universale genialità e della sua unicità. Penso al maestro Morricone e tiro un sospiro di sollievo: anche noi siamo capaci di cose dell'altro mondo!

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