23 ottobre 2013

UN UOMO SEMPLICE IN UNA VITA SPERICOLATA




Non avevo dieci anni quando comprai la prima musicassetta di Vasco Rossi. Ero con mio fratello maggiore e ricordo che il titolare del negozio ci mostrò tutti gli album fin quando non trovammo l'unico che contenesse le canzoni che cercavamo, "Albachiara" e "Vita spericolata". Era "Va bene, va bene così", live del 1984. Delle altre canzoni o di chi fosse Vasco Rossi m'importava poco o nulla, sognavo solo una vita spericolata come quelle dei film!
Fin da allora mi ha sempre colpito il suo modo di comunicare, diretto e semplice. Ciò gli ha permesso di avere al suo seguito milioni di fan, fino a diventarne la guida, il loro Komandante. A tanto incondizionato amore, hanno spesso fatto da contraltare le feroci critiche arrivate taglienti sin dall'inizio della sua carriera. Salvalaggio nel 1980 lo definì un ebete cattivo e drogato. Alessandro Alfieri, saggista e blogger sulla "Guida Filosofia" (da guide.supereva.it) gli ha addirittura attribuito la responsabilità della deriva sociale e culturale del nostro paese.
Per capirci, Vasco o lo si ama o lo si odia, non esistono mezze misure. Per comprendere appieno il perchè del titolo, bisogna fare quattro passi nel passato, e capire come le sue canzoni siano entrate nell'immaginario italico.

                   VASCO ROSSI Pt.1 di Piero Chimenti - Antonio Chimenti

La musica scorre nelle vene del rocker di Zocca fin dalla tenera età. In chiesa canta l'Ave Maria di Schubert mentre, a 13anni, vince il premio "Usignolo d'oro" - un concorso locale stile Zecchino d'oro - con la canzone "Come nelle favole". Da lì a qualche anno forma i Killers, divenuti poi i Little Boys. La svolta avviene durante i turbolenti anni universitari. Anche se non è parte attiva dal punto di vista politico, mostrando simpatie per le idee radicali, in questa fase amplia la propria conoscenza musicale ascoltando Battisti, De Gregori e Guccini, oltre ai Rolling Stones, il suo gruppo preferito. Proprio a loro rifilerà un incredibile rifiuto alla richiesta di farli da spalla nella tournèe italiana del 1991.

Nel settembre del 1975, con un trasmettitore da 10watt montato su una villa presa in affitto, nasce Punto Radio, emittente locale radiofonica in cui Rossi è frontman e conduttore de "Il Muretto", in cui dibatte con gli ascoltatori sulla vita e sulla filosofia. E' in quel periodo che nasce la sua "combriccola", composta da Gaetano Curreri, Maurizio Solieri, Massimo Riva e Red Ronnie. Ed è sempre in quel periodo che, tra le pareti della sua camera, le canzoni iniziano a spingere dal di dentro.
Nel 1978 esce, nella sola Emilia, l'album d'esordio. Pubblicato dalla Jeans (casa discografica locale), "...Ma cosa vuoi che sia una canzone" è un lavoro a metà strada tra l'acustico e il rock cantautorale. Oltre alla meravigliosa "La nostra relazione", storia di un amore che va spegnendosi, spicca "...E poi mi parli di una vita insieme". E' la storia di un'adolescente che non riesce a ribellarsi ai propri genitori: Vasco, invece, la sprona a viversi i suoi anni migliori.
Oltre a volgere lo sguardo verso il gentil sesso, il cantante affronta tematiche sociali, con la sferzante ironia di "Ambarabaciccicoccò", una digressione politica sull'amara rassegnazione di chi in gioventù gridava alla rivolta. C'è "Ed il tempo crea eroi", country all'italiana al gusto di incazzatura proletaria, e poi "Jenny è pazza", sette minuti di malinconico pianoforte per nannare di discriminazione ed emarginazione.

Nel 1979, "Non siamo mica gli americani" (Carosello) replica la stessa formula, con qualche apertura in più verso un rock sanguigno e chitarristico. Memorabile "Fegato fegato spappolato" e "(Per quello che ho da fare) Faccio il militare", inni allo scazzo più totale, patrimonio di una generazione che ha perso ogni riferimento e si è ritrovata a fare i conti in una realtà bigotta come può essere quella di un paesino.
"La sera che arriva non è mai diversa dalla sera prima...
... Ci vuol qualcosa per tenersi a galla sopra questa merda
e non importa se domani mi dovrò svegliare ancora con quel gusto in bocca."

I riflettori, però, iniziano a stringere su Vasco, grazie ad uno degli episodi più rock e al tempo stesso dolci del lavoro: "Albachiara". Di lì a qualche anno diventa un inno da stadio, facendolo entrare nel mito della nostra musica popolare. Lui stesso la definisce una "canzone melodica col linguaggio rock". Tutto nasce da "Seveso", pezzo ambientalista scritto da Massimo Riva, che non convince del tutto. Il giro di chitarra però funziona e su questo viene riscritto il testo che conosciamo, parole che nascono da una tredicenne che Vasco vedeva da casa sua alla fermata del bus.

"Colpa d'Alfredo", uscito nel 1980, mostra un lato meno intimista e più ironico. La title track racconta non di donne ingenue ed indifese ma di negri - non pensate male, era solo un italiano molto abbronzato - e di troie, nell'hinterland modenese: mai sentito nulla del genere in Italia sino a quel momento. E' un bel pugno nello stomaco, con un Rossi non ancora divenuto icona e che quindi può permettersi di cantare tutto quello che gli passa per la testa. Non mancano momenti ruvidi: "Asilo Republic" (metafora della rivolta culturale giovanile) è hardcore-punk allo stato brado; l'allucinata "Alibi" è divertente e nonsense, a cui fa da contraltare la tenerezza voce e piano di "Anima fragile".

L'anno dopo arriva "Siamo solo noi" e il numero di fan inizia a crescere. Il disco bissa il successo del precedente, grazie alla title track, composta da parole immediate e coinvolgenti, cori da stadio contro la vita borghese.
"Siamo solo noi, che non abbiamo più rispetto per niente, neanche per la mente.
Siamo solo noi, che non abbiamo più niente da dire, sappiamo solo vomitare.
Siamo solo noi, quelli che ormai non credono più a niente e vi frano sempre."

Il testo nasce provocatoriamente con gli accordi di "Colpa d'Alfredo", per dimostrare ai critici che con gli stessi accordi si possono scrivere tante canzoni con stili differenti.

Il 1982 coincide con la prima partecipazione a Sanremo, in cui si classifica ultimo con "Vado al massimo", che dà il titolo al nuovo lavoro. Un reggae sbilenco con refrain rock e testo privo di senso, il cui unico scopo è di alludere a Salvalaggio, uno dei suoi critici più agguerriti e di cui abbiamo già parlato. Abbandonato l'hard rock, l'album presenta pezzi dissacranti quando non apertamente provocatori - "Splendida giornata" ad esempio - e contiene alcune ballate decisamente a fuoco, come "Canzone", commovente nella sua aria di rassegnata malinconia. "La noia" è invece un dialogo immaginario con un amico rimasto nel paesello, che racconta la desolazione che regala lì la vita quotidiana. E poi c'è "Ogni volta", passaggio molto intimo in cui il cantautore si mette a nudo in modo nuovo, raccontando di sè tramite flash estemporanei.

L'anno dopo Vasco ci riprova e torna al Festival con "Vita Spericolata", ovvero la "sua" canzone, come dichiara in un'intervista del 2011: "Quando ho sentito la musica di Tullio Ferro, era talmente bella che c'ho messo sei mesi a scrivere la prima frase. E' nata così "Vita spericolata". Dovevo trovare una frase all'altezza della musica. Molti artisti hanno la fortuna di scrivere canzoni belle tutta la vita, però non hanno la fortuna di scrivere la canzone della vita... Io ho avuto quella fortuna, potevo concluderla lì." ("La versione di Vasco")

"Bollicine", canzone che dà il titolo all'album, fa riferimento ad uno dei simboli di quella generazione, la Coca Cola, che con un gioco di parole stravolge lo slogan della Piaggio di quel periodo: da "Chi Vespa mangia le mele" a "Chi non Vespa più e si fa le pere".
Vi ricordate poi la ragazzina che Vasco vedeva passare ogni giorno dalla finestra della sua camera? Il nostro le confessa che "è lei l'Albachiara": e lei, non volendoci credere, imbarazzata se ne va, facendo nascere l'arpeggio di Dodi Battaglia - chitarrista dei Pooh - di "Una canzone per te". E' qui che lui racconta l'episodio:
"Una canzone per te, come non è vero sei te!
Ma tu non ti ci riconosci neanche, 
lei è un'albachiara e tu sei già troppo grande.
Ed io continuo a parlare di te, ma chissà poi perchè!"
che poi però verrà modificata sulla versione definitiva nella più conosciuta versione "lei è troppo chiara...".

Vasco Rossi - Caricatura di A. Chimenti
1984. Anno che nel bene e nel male rimarrà ben impresso al rocker emiliano. Esce infatti il primo album live "Va bene, va bene così", che rimane in classifica per trentatrè settimane, di cui ben otto al primo posto. Il 20aprile, però, Vasco viene arrestato per detenzione di 26grammi di droga e spaccio senza finalità di lucro. Sconterà ventidue giorni di carcere (nella cella 22), di cui cinque in isolamento, presso il penitenziario Rocca Costanza di Pesaro. In quei giorni di sole a sbarre, solo Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi gli manifesteranno solidarietà. Verrà scarcerato il 12 maggio in libertà vigilata., subendo poi una condanna a 2anni e 8mesi con la condizionale.

"Cosa succede in città" è l'album del rilancio, ed esce l'anno successivo. Nonostante il grigiore delle sonorità, forse a causa di arrangiamenti non all'altezza del passato, l'album si muove tra il rock e il pop, con un Vasco in gran forma. Da ricordare "Una nuova canzone per lei", una ballata dolce e nostalgica, frutto delle musiche di "With a shake of her head" dei Blizzard.
"Cosa c'è" è un dialogo immaginario tra lo stesso cantautore e il benzinaio, sull'arresto che ha subito:
"Ma che cosa c'è, brutta storia ehh!
Certo che a correre sempre, dici tu, quando mai ti fermi più...
Ma che storia è... Sei in forma uè!
Certo che sei un bel fenomeno anche tu, a farti prendere cosi!"

Due anni, due lunghi anni pieni di pettegolezzi e dicerie su un suo presunto esaurimento nervoso. Tanto passa prima del ritorno sulle scene, con "C'è chi dice no", album particolare che contiene brani riflessivi e cupi come "Vivere una favola" e "Ridere di te", e in cui le tastiere fanno da protagonista. Rossi si libera così della maschera da rocker ribelle, per indossare quello del cantautore introverso, forse influenzato dall'essere diventato padre per la prima volta.
L'episodio rock, però, non poteva mancare ed è rappresentato da "Blasco Rossi", scritta contro i pregiudizi:
"La combriccola del Blasco era tutta gente a posto,
ma qualcuno continuava a dirne male.
Si diceva che quel Blasco fosse stato prima un rospo,
tramutato non so come e anche male
in uno strano animale, con delle voglie strane..."
Il nome Blasco nasce per errore o per disprezzo... Chi lo sa!? Una nonnina, vedendo rincasare ad ora tarda la nipote in compagnia del rocker, per il nervosismo gli storpia il nome, ed è storia.
Vasco o lo si ama, o lo si odia. Non esistono mezze misure.


                                                                                                                                                       ...CONTINUA

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