22 novembre 2013

LIVIDE BUGIE NEL GIARDINO DEL ROCK




Come si fa a giudicare il disco di un amico? Domanda che mi sono posto a lungo. Si, perchè Giovanni Marinelli è un caro amico. Siamo cresciuti nella stessa pozzanghera di paese, 5mila anime in totale. Quante volte è scattata la fatidica frase: "Ma tu, a chi appartieni?", tipico quesito per capire da quale famiglia discendessi. Alla fine, vuoi o non vuoi, ci si conosce tutti.
Io e Giovanni siamo coetanei. Stessa scuola elementare - eggrazie, l'unica - e poi stesso liceo. Partite a pallone no, a lui non piaceva il calcio, prediligeva la musica. E infatti sono sempre stato un passo indietro.
"Ah, sai, è uscito l'ultimo live dei Litfiba, il singolo nuovo spacca!" gli dissi tornando a casa dalla fermata dell'autobus.
"Si? Come si chiama?"
"'Sparami'. Dovresti ascoltarla, veramente bella."
"Ah, ma la conosco già, è anche in 'Mondi sommersi."
Già, sempre un passo indietro.
Se c'è uno che conosce la parola gavetta quello è lui. Sono anni che macina live, sin dai tempi del Camino di Grottaglie. I concerti dei Quasar - il suo primo gruppo - erano dei goduriosi happening, e non solo per quattro gatti raccattati tra i compagni di scuola. Il locale traboccava, non ricordo una loro serata fiacca.
In quel combo c'era Vince Pastano, che, tra i suoi mille progetti (è appena uscito "Lividi", suo ultimo album da solista e ha collaborato proprio a "Oniria"), ora schitarra per Luca Carboni in giro per l'Italia e dona nuova vita ai pezzi storici della musica italiana in "Pop, viaggio dentro una canzone", delizioso contenitore Rai. Nonostante il successo, non si è mai montato la testa, rimanendo umile e gentile: stima infinita.
C'era Tiziano De Siati che sditalinava sulle corde del suo basso con il suo immancabile sorriso contagioso da Cristo compagnone. E c'era il sempre allegro Angelo Nigro a pestare sulla batteria. Insomma, una grande band e un cantante che ha sempre saputo come tenere in mano una platea.
Gli ho sempre invidiato quella sua naturalezza in mezzo alla gente, io che mi emozionavo anche a parlare con una ragazza. Non era solo quello, aveva carisma da vendere, e quello non lo trovi nè al mercato nè su ebay.

                                    ONIRIA - GIOVANNI MARINELLI

Qualcuno sicuramente mi taccerà di essere di parte, ma me ne frega ben poco, non starei qui a metterci la faccia se questo disco non mi piacesse sul serio, a partire dalla copertina.
Il sipario si apre con una intro soffusa, che ti passa da destra a sinistra nel centro dei pensieri, prima di detonare improvvisa. E' "Confusione", costruita ottimamente e adornata anche meglio a livello di arrangiamenti, con un crescendo coinvolgente e ben tenuta a livello vocale.
"Nasce dalla confusione ogni forma di vitalità" è una delle ottime aperture del testo e degno di nota è anche lo stacco dall'accelleratore prima del ritornello finale. Una bella scarica d'adrenalina, manifesto programmatico dell'album, che sembra subito mettere le cose in chiaro: "Per le mezzeseghe quella è la porta, qui si fa rock!"


A seguire arriva "Non svegliatemi", che inizia - pinkfloydianamente - sul ticchettio di una sveglia. La velocità resta sostenuta, e musicalmente si mantiene validissima e molto godibile. Altro grande stacco a 2.30: insomma, veleggiamo molto bene.

"Tu sciupi tutto! Sei sempre inquieto, sempre scontento. Marcello, quando due persone si vogliono bene tutto il resto non conta. Di che cosa vuoi aver paura?"
"Di te!"
L'avete riconosciuto? Come cosa, il film... No? Non ci siamo. E' un dialogo felliniano di "La Dolce Vita", quel "Marcello" è inconfondibile. E' cosi che inizia "Paura di che", la terza traccia, e non c'è tregua: Marinelli tiene al massimo i giri del motore. Le casse sparano un altro pezzo possente, con voce raddoppiata sulla strofa e aperta e limpida nell'inciso. Schizzato ma di grande effetto l'assolo di chitarra. Insomma, tre centri su tre sinora.
"Cielo e polvere" è il primo momento di respiro. Musicalmente è intrecciata benissimo, anche se avrei lavorato maggiormente sulla costruzione del ritornello. Il giro di "La mia storia" è un qualcosa che fa subito stare bene. Vocalmente non ci sono sbavature e l'asticella si mantiene alta.
Ancora meglio va con "Un attimo": ritmo che pesta e la melodia rimane subito in testa.

Altro giro, altro riff che ti scivola invisibile addosso e sei bello che fregato. Sto parlando de "Il Giardino del mondo": ritornello perfetto, e a livello di arrangiamento, qui siamo ad un livello superiore.
"Il giardino del mondo è un posto senza età dove il sogno è più vero di ogni vera realtà." è uno squarcio di luce, uno di quelli che d'inverno ti riscaldano, anche solo per un momento, ma basta e avanza. Senza dubbio il mio pezzo preferito del disco.
"In ogni parte di me" è la seconda ballata: Marinelli adagia un testo intimo, delicato, su una base liquida e di grande atmosfera. Da ascoltare a occhi chiusi, sino alla splendida chiusura.
"Panta rei" scorre sempre sui binari di un buon rock di maniera, mentre "Pur di arrivare", più che i Timoria, ricorda i migliori Miura, costola nata proprio dalla fine del gruppo bresciano. Bello sentirlo cantare "Non ho più santi da pregare, da imprecare"; ancora meglio il sincero "Forse ho sbagliato percorso pur di arrivare qui": che dire, meglio sbagliare strada se la meta è questa.
Il cd si chiude con un soffio d'eleganza pianistica. "Livide bugie" si erge di almeno due lunghezze sulle altre ballate, e sebbene sia tanta roba finire in questo modo, io me la sarei giocata ad inizio album. La sto ascoltando ora: non la prima o la seconda, è la terza volta consecutiva e posso dire che questo pezzo non è una delle tante livide bugie del rock nostrano.


Non è un album perfetto "Oniria", ha i suoi difetti: alcune ingenuità nei testi, dovute anche alla poca adattabilità dell'italiano ai sentieri del rock, e pochi momenti di distensione e quiete, in un muro del suono che a volte tende ad appiattirsi. Eppure sono semplici sbavature in un insieme che ti prende e ti ribalta, come un ottovolante d'energia, e che ha un retrogusto di Deep Purple, Black Sabbath e dei capisaldi tricolori del genere. E' un disco che trasuda impazienza e felicità, perchè traspare nitida la sua voglia di musica.
Sono passati tanti anni da quando parlavamo di grandi dischi tornando a casa. Ora io ne scrivo e lui ne canta, segno che il fuoco del rock brucia ancora, sempre più vivo, sempre più intenso.
Come si fa a giudicare il disco di un amico? Con sincerità. E quando il disco è buono come questo, viene tutto molto semplice.



     Giovanni Marinelli - Voce
     Vince Pastano - Chitarra e Basso
     Max Scarcia - Chitarra
     Max Messina - Batteria
     Diego Quarantotto - Basso
     Alberto Linari - Tastiere
     Ignazio Orlando - Programmazione archi


     Areasonica Records


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