18 febbraio 2015

FELICI DA FARE SCHIFO




Myspace è stato il mio primo social network, la prima finestra sul mondo. Dalla scrivania della mia doppia da lavoratore in stage - o se ti andava bene a progetto per un mese -, avevo modo di interfacciarmi con ciò che accadeva in giro per il globo, conoscere  - virtualmente - persone e musica. Si, perché alla fine, per i musicofili, Mypace sfiorava la perfezione; un sacco di giovani gruppi con la voglia di emergere caricavano sulle loro pagine canzoni, demo, provini. Al resto ci pensava il passaparola. Un mio amico conterraneo, infatti, mi suggerì di ascoltare un giovane che stava muovendo i primi passi nel mondo della discografia. "Secondo me ti piace" disse, "Dagli un ascolto". Non si sbagliava.

               LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA - TORINO 7 FEBBRAIO 
                                                      di Vito Possidente

Le Luci Della Centrale Elettrica mi impressionò positivamente già dall’ascolto della demo intitolata "Piromani si muore", e da allora ho iniziato a seguirlo, innamorandomi di "Canzoni da spiaggia deturpata, senza dubbio uno dei migliori dischi degli anni Zero.
Sabato sera, nella "solita" sala Majakovskij dell’Hiroshima Mon Amour, è andata in scena una delle prime date di questa terza tornata di concerti a seguito di "Costellazioni", album che ha visto una decisa svolta nella composizione e negli arrangiamenti, merito della produzione di Federico Dragogna dei Ministri, che accompagnerà Vasco Brondi alla chitarra per tutto il tour.

Poco prima delle 23, poco lontani dalla puntualità, la band si presenta sul palco, con le prime note di "Macbeth nella nebbia". Ci si aspetterebbe qualcosa di soffuso, di morbido, e invece l'inizio è molto movimentato, rumoroso, che quasi non ti aspetti, se paragonato ai suoi primi lavori. E subito dopo, a conferma del cambio di pelle sonoro, arriva "Firmamento", uno dei pezzi migliori dell'ultimo lavoro.
Il terzo pezzo è una bella sorpresa. Non lo riconosco subito, non è un suo brano, ma è comunque  molto familiare. Dopo poche note mi giro verso i miei amici: "Ma è "Curami"?" chiedo. E si, un nuovo tributo ai CCCP ("che non ci sono piu", cit.) dopo che negli scorsi tour avevamo apprezzato una versione rivista (e decisamente migliore dal vivo che sull'EP "C’eravamo abbastanza amati") di "Emilia Paranoica" e che si collega perfettamente con "Ti vendi bene", che fin dal primo ascolto mi ha dato l’impressione di essere un pezzo dei CCCP scritto nel 2014.


C’è poco spazio per canzoni tratte da "Canzoni da spiaggia deturpata" con "Piromani" mentre da "Per ora noi la chiameremo felicità" arriva "Cara Catastrofe". Peccato, mi sarebbe piaciuto ascoltare i vecchi pezzi reinterpretati con la nuova attitudine, e visto come vengono accolti e cantati dal pubblico, credo di non essere il solo. 
Dragogna, alla sinistra del palco (e senza la famosa giacca presa al mercatino di Amsterdam), conquista il podio tra gli artisti che sembra stiano facendo una sauna invece di un concerto, secondo solo a Cristiano Godano e J.T Harring dei Future Island, e assieme a Vasco Brondi, che stranamente - sempre secondo il mio immaginario - salta quasi senza sosta, sono le due anime pulsanti del live.
"Ogni tour decido di rovinare una canzone degli altri che mi piace" annuncia, "e questa volta ho scelto "Verità che ricordavo" degli Afterhours." L'accoglienza è calorosa, tranne forse da quei giovani che non la conoscono, tipo la ragazzina - credo minorenne - alle mie spalle, e che con tutta probabilità ha costretto il padre ad accompagnarla questa sera. Al povero genitore sarebbe potuta andare peggio: avrebbe potuto avere una figlia a cui piacciono gli One Direction.
"I destini generali", primo singolo estratto del terzo lavoro chiude il sipario per una meritata pausa. Pochi minuti ed eccoli di nuovo sul palco per una trilogia di commiato da applausi: "Le ragazze stanno bene", "Per combattere l’acne" e finale lasciato alle note di "La Terra, L’Emilia, La Luna".


Un’ora e venti di live. E’ stato un concerto libero e privo di freni, molto piu rock di quello che ci aspettavamo, che si allontana dalla forma cantautoriale intimista degli inizi. Si evolve il modo di cantare (o sarebbe piu giusto dire "recitare"), la chitarra con la ormai classica scritta su un pezzo di scotch viene imbracciata poche volte, lasciando alla band l'onore e l'onere di regalare il miglior rumore possibile, ma rimanendo fedele al suo stile. Vasco Brondi continua ad essere "felice da fare schifo" e dona un pò di felicità anche a noi, che torniamo a casa abbagliati dalle sue luci.

1 commento:

-Alma- ha detto...

Bellissimo articolo!
Anche a me all'inizio sono sembrati i CCCP, bravissimi :)