23 marzo 2015

IL RE DELLE TRE - FILIPPO MALATESTA




Alcuni film li guardi e riguardi, anticipi i dialoghi, aspetti le battute che conosci e non ti stancano mai. Un disco che ami è come uno di quei film, e ti perdi nei suoi personaggi, nella sua fotografia, nelle sottotrame della sceneggiatura musicale, nei riflessi accecanti di ogni parola e di ogni ritornello. "Il Re delle Tre" di Filippo Malatesta è un film che non in molti hanno visto, e avresti voglia di condividerlo, di dire a tutti che è splendido, che ti farà ridere, emozionare, commuovere.
E' un cyborg che libera una colomba bianca al cielo, è una casa volante trainata da palloncini che arriva alle Cascate Paradiso, è un triello in un vecchio cimitero e una Delorean che viaggia a 88miglia orarie regalandoti ricordi di un passato che è ancora presente e sai che ti accompagnerà nel futuro ogni volta che vorrai.

                                          PROMESSE di Antonello Vanzelli

Era il 1997, ero a metà del mio cammino e trovai il disco su un impolverato scaffale del centro commerciale tarantino. Era l'unica copia ed ero già pazzo di "Domani", in rotazione su Videomusic. Malatesta lo conoscevo già da prima, quel suo "In questa terra che ormai e solo puzza e rumore, un preservativo al cuore." mi era rimasto addosso: era "Non voglio sentire niente", altro grande singolo. "Domani" fu la conferma di quel che pensavo, del suo talento purissimo, di una scrittura limpida a cavallo tra pop e rock. E proprio col pop-rock della title track si apre l'album, prima di lasciare spazio all'altro singolo del disco, la briosa e scanzonata "Alla grande", manifesto programmatico del disco:
"Tutto quello che ho è una chitarra scordata dal suono stridente,
quattro corde si e no, ma nella voce se ascolti il mio cuore si sente".
e si, il cuore di Malatesta in queste canzoni lo senti, chiudi gli occhi e lo vedi chiaramente che ti sorride. "Domani", dicevamo... E' una delle migliori ballate pop italiane ascoltate in quel periodo, chitarra e voce, che pare di averlo al fianco, quasi fossi sulla spiaggia con un vecchio amico. Malinconica, tratto distintivo della sua musicalità, regala angoli di cielo e sole in faccia: "I sogni sono come lacrime, non puoi trattenerli" e allora pensi sul serio che è il momento, che "Domani è un grande giorno sai, per smettere di dire solamente lo farò."


Niente male la metafora calcistica di "Fuorigioco", in cui l'artista riminese spinge sull'accelleratore, regalando grinta, prima di cambiare ritmo e tematiche con "Terrone". Episodio molto godibile, in cui lascia da parte la goliardia e la melancolia, per sbeffeggiare chi si perde nel razzismo da due soldi. E arriviamo ad uno dei gioielli più luminosi della corona del Re delle Tre, ovvero "Promesse". Ogni volta che parte quel giro di chitarra fa male, perché pensi "E' troppo che non l'ascoltavo", e anche stavolta era dannatamente troppo. Ho chiuso gli occhi e il cuore di Malatesta continuava malinconico a sorridermi. "E' dura e siamo in tanti e troppi desideri e troppe poche stelle cadenti", e allora può bastare una canzone così, è già un desiderio espresso. Una mid-tempo al solito carica di amarezza, un'amarezza che viene presa a calci dalla voglia di fare, da una voce carica di rabbia che ti urla "Ehi tu! Si, dico a te... Non rimanere bruco a vita, sei una promessa". Spettacolare la coda musicale, con un assolo di chitarra da applausi.


Dissolvenza, buio e cambio di inquadratura. Malatesta stacca di netto e torna ad atmosfere scanzonate con "Sogni porno": drumming in evidenza e atmosfere vagamente country per l'ennesimo episodio piacevole. Riff di chitarra subito in apertura e si scivola sulle marce alte con "Solo come un cane", prima di un'altra ballatona da stadio. Come fai a non cantare su "Bastardo come me"? L'intreccio tra la chitarra acustica e elettrica, le tastiere qualche passo dietro e Malatesta che canta nostalgico di un vecchio amore finito male... Tutto è al proprio posto, c'è solo da prendere l'accendino e cantare. Innegabile il tocco di Massimo Varini, chitarrista di ottimo livello e l'affinità tra lui e Malatesta è uno dei punti di forza di questo disco.
Da qui in poi si viaggia qualitativamente a corrente alternata. "Se nasco un'altra volta" è musicalmente godibile, meno dal punto di vista letterario, si sarebbe potuto far meglio.
"Tutto quel che so è che non so niente", così attacca "Il Boia alla Noia", altro pezzo grintoso e che gira molto bene, peccato per un ritornello non incisivo a dovere. Meglio "Tic e Tac", il cui ritornello è ben calibrato e lascia addosso buone vibrazioni. E arriviamo al sipario, ed è una chiusura col botto: "Anima d'argento" è uno dei pezzi migliori di questo lavoro, uno dei tanti. "Se mi chiedessero quanto vuoi vivere, direi che il tempo non ha età.", Malatesta piazza un testo dei suoi su atmosfere dilatate e avvolgenti, e sembra quasi di rivivere una nuova "Con o senza me", con meno amarezza di fondo. E' un addio delicato, la canzone sfuma e Malatesta ci abbraccia uno ad uno, prima di allontanarsi piano.


Che film "Il Re delle Tre", uno di quelli che speri sempre diano in replica in televisione. Non un capolavoro, ma uno di quelli che ti smuove dentro qualcosa, un qualcosa che sai rimarrà solo tuo. O forse no, forse più che un film è un album di fotografie, perché ti riporta a quando ascoltasti la prima volta Malatesta su Publiradio 95.5, di quando era ospite fisso al RoxyBar, di quando dalla Norvegia gli scrivesti in privato su Facebook e lui gentilmente ti rispose, di quando tu e tuo cugino parlavate delle sue canzoni, di quando lo ascoltavi perso nei colori del lungomare di Dubai. di quando riprendi in mano il cd... E capisci che un giorno bisognerebbe andare a trovarlo al suo locale, il "Kiosko Il Vincanto" solo per dirgli quanto sia stato importante, e che lui è una di quelle "Promesse", mantenuta sino in fondo.

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